Friday, November 23, 2007

UN PO' DI COMPASSIONE




Il dolore dell' animale che viene ucciso, ha scritto Schopenhauer, è più grande del piacere di chi lo mangia. Il bilancio della vita è un deficit, il suo peccato originale che la costringe a vivere di morte e a creare sofferenza. È un passivo che si può ridurre, ma non eliminare, come si illudono ecologisti e animalisti, anche perché i nostri oscuri cugini di cui ci siamo proclamati e fatti padroni non sono soltanto il cane o il gatto di casa, le bestie che possiamo osservare e accarezzare, ma anche tutte le specie inappariscenti che non possono destare in noi affetto. Mattatoio di milioni di esseri umani, il mondo lo è ancor più di animali; è un edificio impastato di sangue. Le religioni raccolgono una domanda di redenzione che riguarda non solo l' uomo bensì l' intera creazione: «Tutto il creato - dice San Paolo - condannato a non aver senso soffre e geme come una donna che partorisce».

L' ebraismo mostra una turbata attenzione al dolore animale: nello Schiavo di Isaac Bashevis Singer, Jakob, guardando le vacche destinate al macello, pensa che pure per loro deve esserci la salvezza e recita il Kaddish, la preghiera funebre, per la piccola farfalla bianca che ha vissuto un sol giorno e senza peccato. Se c' è un peccato mortale, questo è la crudele e imbecille aggiunta di sofferenze gratuite a quelle inevitabili. Anche nei confronti degli animali, di quel vitello dagli occhi «larghi e bagnati» che, in un passo memorabile della Storia di Elsa Morante, ha una «prescienza oscura» della sua sorte. La lettera che Rosa Luxemburg - pochi mesi prima di venire massacrata in quanto comunista, nel 1919, con i calci dei fucili da parte dei Corpi Franchi parafascisti - scrive dal carcere alla moglie di Karl Liebknecht (leader comunista spartachista poi assassinato insieme a lei) è un documento di altissimo valore morale. Karl Kraus, il beffardo vendicatore dell' umanità oltraggiata, pubblicando la lettera nella sua rivista «Die Fackel» con la quale combatteva da solo contro la guerra e l' orrore del mondo, scriveva che essa avrebbe dovuto venir accolta nei libri di scuola. Kraus non era né comunista né socialista: era un conservatore, uno spirito aristocratico, satirico e religioso che difendeva le vittime di ogni violenza; non condivideva il pensiero marxista-libertario di Rosa Luxemburg, una delle più grandi figure del movimento internazionale. Ma sapeva che le classi dominanti non erano meno feroci dei tribunali rivoluzionari e che i padroni erano pronti ad ogni abiezione pur di restare padroni; aborriva la violenza rivoluzionaria, ma sapeva che spesso chi, giustamente, se ne scandalizza, tace invece sulle dame dell' alta società che si deliziavano di assistere alle fucilazioni anche di bambini della Comune di Parigi. Che il diavolo si porti la prassi del comunismo, scriveva, ma che «Dio ce lo conservi come costante minaccia sulle teste» di coloro che per salvare il loro dominio spediscono senza batter ciglio moltitudini alla guerra, al massacro e alla morte. Imprigionata e avviata alla sua fine, ma intatta nella sua gioia di vivere - proprio perché è pronta a perdere la sua vita e così la salva, secondo il detto evangelico - Rosa è tanto aperta al mondo da patire e sdegnarsi per la sofferenza di un bufalo che vede, nel cortile, picchiato senza ragione a sangue, mansueto e stupefatto di quella crudeltà che non riesce a capire - gli occhi dell' animale morente, ha scritto Rossana Rossanda, hanno uno stupore insostenibile. Aliena da ogni sentimentalismo da società zoofila, Rosa Luxemburg coglie nel muto dolore della bestia quel pianto di ogni altro male e di ogni vita che Saba (in una famosa poesia ricordata da Marco Rispoli, il quale ha curato con finezza il volume, che comprende altri testi di grandi autori dedicati alla sofferenza animale) coglieva nel belato della capra legata.

Quel bufalo è più vicino a Dio della zotica nobildonna e proprietaria terriera ungherese che insulta Rosa Luxemburg e che Kraus si rammarica di non poter prendere a frustate al pari di quel bufalo, così come i muggiti dei buoi avviati al macello sono più umani di quelli dei bestiali violenti degli stadi, che non meriterebbero un destino molto migliore. Il ruolo di padrone del creato che l' uomo si assegna, scrive Rispoli, è «fallace»; volersi padroni è essere servi e consegnarsi alla frusta, come quell' animale che in un aforisma di Kafka si frusta da solo «per diventare padrone». Scriveva Noventa, grande poeta cattolico, classico e anticonformista: «Mi me credevo - Un òmo libero/ E sento nascer - In mi el paròn».


Claudio Magris
Fonte: www.corriere.it
Link:
14.11.07


EDIZIONI ADELPHI PAGINE 65, 5,50 Rosa Luxemburg (1871 -1919) fu tra i fondatori del Partito comunista di Germania - Lega di Spartaco. La lettera di «Un po' di compassione» fu scritta nel carcere di Breslavia poco prima che venisse trucidata nel 1919 Il volume contiene testi di Kraus, Kafka, Canetti, Roth e di un' ignota lettrice della «Fackel»
LA PELLE DELL'ORSO

Mentre leggevo La pelle dell'orso di Margherita D'Amico (Mondadori, pagine 144, e 13) mi sono ricordato di quel che scriveva Horkheimer, che cito a memoria: «L'umanità dovrebbe ricordarsi, nell'ultimo piano del grattacielo dove avesse la sua dimora, di tutti gli umiliati e dolenti piani sottostanti che reggono quel piano superiore. Nello scantinato più basso, nelle fondamenta di tutto l'edificio, che in alto offre un concerto di Mozart o una mostra di quadri di Rembrandt, abita la sofferenza dell'animale e cola il sangue del mattatoio».

In quello scantinato più basso ci costringe a guardare Margherita D'Amico con la sua fiera e dolente requisitoria fatta con dati e cifre alla mano, dati e cifre impressionanti. Le fattorie e gli allevamenti intensivi, i macelli, gli zoo, i parchi naturali, le riserve di caccia sono i luoghi dove più ignominioso si esercita il dominio dell'uomo e dove più grandi sono le torture inflitte agli animali. Una delle prime leggi morali che l'umanità dovrebbe rispettare per esser degna del primato che si arroga dovrebbe essere: «Non si può fare quel che si vuole di chi è completamente in nostro potere». È questo il principio fondamentale dei tanto proclamati diritti umani, e dovrebbe valere sia per gli uomini che per gli animali. E perciò un carceriere non può fare quello che vuole del proprio prigioniero, così come un cocchiere non può fare quello che vuole del proprio cavallo, gli esempi che si potrebbero fare sono infiniti.

Ognuno può immaginare quanto è vasto il campo di quello che assolutamente non si può fare e che invece con la massima indifferenza ogni giorno vien fatto. Margherita D'Amico, con la sua documentata denuncia ce lo mette sotto gli occhi, maltrattamenti fatti agli animali, anche quando non sono necessari e anzi inutili e controproducenti, fatti per pura crudeltà, per incuria e per bruttura morale, sono da lei descritti con meticolosa precisione e con l'obiettività di un reportage in queste pagine, ma in ogni pagina, in ogni riga si avverte il dolore che lega chi scrive al muto dolore animale, e si sente anche l'anelito verso una umanità migliore, un'umanità di cui non ci si debba vergognare. Perché è vero, vergogna si prova per tanta mancanza di compassione e tanta noncurante ferocia, e insieme con la vergogna uno sgomento ci prende, lo stesso sgomento che prova chi scrive anche quando vorrebbe non mostrarlo apertamente. Quello sgomento appare sin dalle prime pagine quando a Piazza Augusto Imperatore l'autrice vede un topo che è stato avvelenato, e lo raccoglie. «Ancora prima di chinarvi vedete che ha gli occhi rossi e gonfi come bolle d'acqua; anche dalla bocca esce sangue. Con un fazzoletto lo raccogliete. Ora lo tenete nel palmo... ne percepite il battito affannoso del cuore e lo sgomento vi coglie. Quel topo, deve aver mangiato il veleno, un anticoagulante pensato per causare emorragie interne ed esterne, fino alla morte, che sopraggiunge dopo parecchie ore (...) bisognerà pure che gli si pratichi un'eutanasia affinché si spenga senza inutili sofferenze. Ma siamo a metà estate e gli ambulatori non rispondono. Che fare? Per un istante vi sfiora perfino l'idea di colpirlo forte con un masso». Malgrado tutti i tentativi per alleviare la sua agonia il sorcio non se la caverà e morirà con indicibili sofferenze nella tana dove si è ritirato. Questo capita ogni giorno a milioni di altri topi «affinché proprio voi possiate mantenere una separazione netta, fisica e interiore, fra quanto sulla terra si trova sopra e quanto sta sotto. E proprio al sopraggiungere di quella consapevolezza, potrebbe accadere anche a voi di lacerarvi nell'intimo e provare un disperato dolore di cui il pianto non riesce a privarvi».

Ho voluto fare questa lunga citazione perché quella lacerazione nell'intimo, quel disperato dolore e quel pianto a me sembrano l'unica risposta e l'unica forma di resistenza all'orrore descritto in questo libro, e forse l'unico possibile riscatto dalla vergogna e dal senso oscuro di colpa che proviamo leggendolo. E anche l'unico modo per immaginare un'umanità diversa, capace attraverso la compassione per gli animali di andare oltre se stessa e riscattarsi dal suo peccato originale.

Raffaele La Capria
Fonte: www.corriere.it
16.11.07

Saturday, November 10, 2007

"EARTHLINGS"






















Earthlings (Terrestri) è un documentario (con sottotitoli in italiano) sull'assoluta dipendenza dell'umanità dagli animali (usati come compagnia, come cibo, come vestiario, per divertimento e per la ricerca scientifica) ma illustra anche la nostra completa mancanza di rispetto per questi cosiddetti "fornitori non umani". Il film è narrato dall'attore Joaquin Phoenix, nomitato dall'Academy Award (GLADIATOR) e la colonna sonora è di Moby, artista acclamato dalla critica.

Attraverso uno studio approfondito svolto all'interno di negozi di animali, allevamenti di animali domestici, rifugi, ma anche negli allevamenti intensivi, nell'industria della pelle e della pelliccia, in quella dello sport e dell'intrattenimento, e infine nella professione medica e scientifica, EARTHLINGS usa telecamere nascoste e filmati inediti per tracciare la cronaca quotidiana di alcune delle più grandi industrie del mondo, che basano i loro profitti interamente sugli animali.

Potente e informativo, EARTHLINGS è un film che fa riflettere ed è finora il più completo documentario mai prodotto sulla correlazione tra la natura, gli animali e gli interessi economici degli umani. Ci sono molti film ben fatti sui diritti animali, ma questo li supera tutti.

EARTHLINGS è ora disponibile anche con i sottotitoli in italiano, e può essere visto on-line in streaming oppure scaricato, il tutto alla pagina:
http://veg-tv.info/Earthlings

Fonte: www.agireora.org/
Link: http://www.agireora.org/info/news_dett.php?id=360
10.11.07

Monday, November 05, 2007

FIGHT FOR ANIMALS

CHI HA PAURA DEI VEGETARIANI/ANIMALISTI?





Molte categorie di persone ci vorrebbero morti, o almeno feriti.
Incominciamo coi preti
Sono molte le categorie di persone a cui dà enorme fastidio il diffondersi della cultura vegetariana: la paura è che questo rinnovamento sociale, etico, esistenziale e spirituale, questo stile di vita pacifista, ecologista e lungimirante abbia il sopravvento sulla concezione antropocentrica e sul carnivorismo materialista, crapulone, irresponsabile e distruttivo e molta gente si trovi a dover fare i conti con i suoi interessi economici, la sua gola, i suoi vizi, la sua coscienza. Sicuramente la categoria più preoccupata, a mio avviso, sembra essere quella clericale anche se fa di tutto per ignorare l’esistenza stessa del problema. Niente (a mio avviso) come l’etica del vegetarismo può mettere in crisi la morale cattolica. La nostra etica e la nostra compassione è più vasta e più profonda, il nostro amore più autentico e più disinteressato. Gli ultimi a riconoscere la fratellanza universale saranno sicuramente i preti i quali (a mio avviso) scelgono la carriera ecclesiastica anche o soprattutto perché la loro religione li autorizza a disporre della vita di ogni essere non umano e questo li fa sentire importanti: il loro Dio li benedice quando squartano un agnello e lo divorano. Gli ultimi a restare con la carne tra i denti: loro che, ufficialmente, hanno rinunciato ai piaceri del sesso come potrebbero rinunciare anche alla carne? Come si giustifica il prete davanti ad un laico che senza avere la presunzione di essere ad immagine di Dio e senza voler essere un rappresentare in terra della misericordia, della bontà e dell’amore divino, chiede rispetto e compassione non solo per gli esseri umani ma anche per gli animali, mentre essi spingono a reprimere il naturale sentimento di compassione verso la sofferenza di questi nostri sventurati fratelli e di affondare con disinvoltura il coltello nel cuore e nelle loro viscere?.

L’antropocentrismo, cioè la visione sventuratamente più o meno diffusa in tutte le popolazioni umane per cui si ritiene che l’uomo abbia per legge naturale il diritto di disporre della vita degli animali (il cardine teologico delle tre religioni monoteiste) è a mio avviso la causa della maggior parte delle sventure umane specialmente quelle di più recente manifestazione, come la distruzione dell’ambiente, l’esplosione delle malattie degenerative dovute ai grassi animali, la disumanizzazione della coscienza umana e gli orrori dei campi di concentramento-mattatoi per gli animali. Tale visione, ereditata dall’infausto comando biblico “Soggiogate la terra” e “Crescete e moltiplicatevi”, sta portando il pianeta e i suoi abitanti sull’orlo di un’ecatombe universale. Nel 2005 nella basilica del Laterano in un simposio tenuto apposta per ribadire la centralità dell’uomo nel creato Mons. Angelo Scola ha affermando: “Il cristianesimo e l’antropocentrismo stanno insieme o cadono insieme”. E siccome i vegetariani/animalisti considerano l’antropocentrismo l’ideologia più perniciosa e devastante, ciò che preclude lo sviluppo della sensibilità dell’animo umano, della compassione universale e della valorizzazione del diverso, è facile comprendere che la Chiesa vede in noi vegetariani il Diavolo, l’Anticristo, come si trovò ad affermare il cardinale Biffi durante un miting a Bologna nell’anno 2000. Biffi, ispirandosi alle parole del filosofo russo Solovev “L’Anticristo sarà un convinto spiritualista (per cui per essere buoni cristiani è proibito essere spiritualisti),un ammirevole filantropo (per cui essere filantropi è un’attitudine da reprimere se si vuole essere cristiani), un pacifista impegnato e solerte (per cui essere pacifisti, non lo era forse Gesù? è condizione condannata dalla Chiesa), un vegetariano osservante (per cui nutrire compassione per i più deboli, gli animali, è considerata una attitudine anticristiana), un animalista determinato e attivo, (per cui interessarsi della sofferenza delle creature di Dio e cercare di impedire la loro stessa estinzione è un atteggiamento contrario ai principi della Chiesa).

Per la Chiesa l’Anticristo non è colui che per definizione è agli antipodi di Cristo ma tutto ciò che è diverso dalla Chiesa. Con questo principio nel corso di 1800 la Chiesa ha sterminato con il rogo e la mannaia molte comunità di perfetti imitatori di Cristo come i Valdesi, i Catari, i Monfortini, gli Stendigi, gli Apostolici, i Lollardi ecc. colpevoli non di non essere come Cristo ma di non essere come la Chiesa. Infatti questi vivevano in povertà, castità, umiltà, mitezza e proclamavano l’ugualianza. Ma in fondo se tutti diventassimo buoni, sensibili e giusti come succede per chi si apre all’amore verso ogni creatura e smette di mangiare la carne che rende cattivi, aggressivi e violenti, che motivo avrebbe di esistere un organismo preposto a questo scopo?

Franco Libero Manco
Fonte: www.vegetariani-roma.it
Link: http://www.vegetariani-roma.it/dblog/articolo.asp?articolo=468
5.11.07