Friday, January 05, 2007

"QUANDO GLI ELEFANTI PIANGONO"
Un cacciatore settecentesco, R. Gordon Cummings, in Sudafrica, raccontò come uccise un elefante più grande che avesse mai visto.
Prima gli sparò mirando alla spalla, in grado che non fosse più in grado di correre via.L’elefante camminoò zoppicando fino a un albero e si appoggiò a esso.
Avendo deciso di osservare l’elefante prima di ucciderlo, Cummings fece una pausa per prendere il caffè e poi decise di determinare sperimentalmente quali fossero i punti vulnerabili di un elefante.
Si diresse verso l’elefante e gli sparò colpi in varie parti della testa. L’elefante non si mosse, limitandosi a toccare con la punta della proboscide le ferite prodotte dalle pallottole. “ Sorpreso e traumatizzato nel rendermi conto che stavo solo torturando quella nobile bestia, la quale sopportava quella dura prova con composta dignità”, scrisse Cummings, decise di finirla e gli sparò nove colpi dietro la spalla.
“Copiose lacrime sgorgarono ora dagli occhi dell’elefante, che si aprivano e chiudevano lentamente; il suo corpo immane tremò in modo convulso e, cadendo su un fianco, egli spirò.”
Quest’elefante dovette però soffrire molto, e queste sofferenze fisiche dovettero bastare da sole a fargli versare lacrime.
Diversamente dall’uomo, nessun animale fa esperimenti torturando altri animali.

Jeffrey Moussaieff Masson
“Quando gli elefanti piangono”
Baldini & Castoldi 1996
Pag.175

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